Youssupha Sall è un uomo di 35 anni e la prima cosa che salta all’occhio sono la sua altezza e le larghe spalle. Vive presso Casa ex Lemayr di Bolzano, centro di prima accoglienza per persone richiedenti protezione internazionale gestito dall’Associazione Volontarius Onlus in collaborazione con la cooperativa sociale River Equipe Onlus. Nel centro, conosciuto nel settore del sociale altoatesino perché sono tanti gli ospiti che, da quando ha aperto, hanno intrapreso attività di volontariato, è il primo a ospitare le persone richiedenti asilo quando giungono a Bolzano, in attesa di trasferirsi nelle strutture di seconda accoglienza dislocate nella provincia e di dimensioni minori.
Youssupha è nato a Kaolack, una città della Casamance, territorio a sud del Senegal conosciuto per essere conteso da diverse fazioni di potere, colpito dalla corruzione e tempestato di invisibili mine antiuomo. Youssupha ha studiato le lingue, lavorato nelle telecomunicazioni e come riparatore di computer e cellulari. «Sono sposato e ho tre bambini, la più piccola ha otto mesi ed è nata mentre ero a Tripoli». È arrivato in Italia con il fratello Omar, che è sordomuto e cieco all’occhio sinistro. «Abbiamo lo stesso padre ma non le stesse madri e da quando è morto nostro padre sono iniziati dei problemi nelle nostre famiglie» racconta «Se siamo venuti qua però, è perché Omar non sente e non parla e cominciava a non vedere più anche dall’occhio destro». Omar, a causa delle sue difficoltà, non è mai andato a scuola e ha lavorato un po’ come falegname e come muratore. I due fratelli comunicano attraverso i gesti: «Siamo cresciuti insieme, ogni giorno impariamo qualcosa».
Youssupha: «Se siamo venuti qua, è perché mio fratello Omar non sente e non parla e cominciava a non vedere più anche dall’occhio destro»
Così Youssupha ha deciso di portare il fratello in Spagna, dove avrebbe avuto dei parenti a supportarlo e dove avrebbe potuto ottenere delle valide cure mediche. È iniziato così il viaggio dei fratelli Sall, che li ha portati in Burkina Faso, in Niger, in Libia e, infine, in Italia. «È stato un viaggio difficile» spiega Youssupha, ricordando in particolare il deserto: «Eravamo in ventisei su un pickup per quattro giorni; l’autista si fermava solo quando era stanco e c’era poco da bere e da mangiare». Anche per Omar il viaggio è stato insostenibile: «Gli davo io da bere, vedevo che aveva sete dalle labbra secche» spiega Youssupha «Da soli non ce l’avremmo mai fatta, no. L’ho fatto per lui». Quando sono arrivati a Tripoli, Youssupha ha chiesto a Omar se se la sentiva di andare dall’altra parte del mare: «Io non ero sicuro. Sapevo che era un viaggio pericoloso. Ma lui era d’accordo. Omar è un uomo forte e sa che io non lo lascerò mai».
Così i due fratelli sono arrivati in Italia e hanno fatto subito domanda per spostarsi in Spagna. «All’inizio non volevo studiare la lingua» spiega Youssupha «poi quando ho capito che il trasferimento non sarebbe stato veloce, ho cominciato a impegnarmi». Nel frattempo però, per fortuna, Omar ha avuto una serie di interventi e oggi dall’occhio destro vede di nuovo bene. «Sono così felice per lui» afferma il fratello «vederlo guarire mi ha motivato a imparare la lingua. Non volevo che gli operatori ci accompagnassero sempre all’ospedale per parlare con i dottori. Volevo cavarmela da solo».
I progetti di Youssupha erano diversi, ma a Bolzano si è trovato bene. Ha studiato presso la scuola di volontari Scioglilingua, poi all’Alpha Beta e anche in un corso all’università di Bolzano, dove ha sostenuto e superato alcuni esami di informatica. «A Bolzano la vita non è perfetta» spiega «ma si sta bene». Ci tiene a nominare e ringraziare in particolare Andres Pietkiewicz di Volontarius, Anna Maria Molin dello Scioglilingua e Silvia Golino della Caritas, che gli sono stati vicini. Secondo i dottori, senza intervenire nel giro di qualche mese Omar avrebbe potuto perdere completamente la vista. «Ogni giorno mando una foto di Omar alla nostra famiglia su WhatsApp. Ogni giorno ci chiamano per sapere come stiamo» spiega Youssupha rivelando la nostalgia che prova per la sua casa.
Youssupha: «Vedere guarire Omar mi ha motivato a imparare la lingua. Non volevo che gli operatori ci accompagnassero sempre all’ospedale per parlare con i dottori. Volevo cavarmela da solo».
Il sogno dei due fratelli sarebbe quello di tornare in Senegal, un giorno. «Io sono una persona che lascia le cose a Dio. Ogni giorno quando mi sveglio chiedo a Lui cosa devo fare». Ed è con questo trasporto che entrambi si sono dati da fare, come volontari, nell’aiutare gli operatori quando nella struttura arrivano i nuovi ospiti. «Non è facile ambientarsi. Io all’inizio ricordo tanto freddo, avevo le orecchie sempre congelate» ride Youssupha «Io dico sempre ai nuovi arrivati che è importante imparare la lingua e andare a scuola. Dovrebbe essere obbligatorio. Abbiamo la fortuna di avere da dormire e da mangiare, noi dobbiamo pensare al resto: studiare, lavorare, comportarci bene». Nei volti delle persone che incontra, racconta, legge un misto di paura e curiosità. «Dipende da dove provengono» aggiunge «Il carattere delle persone cambia se vengono da un paese dove soffrivano la povertà o se da un paese corrotto oppure sotto una dittatura».
Youssupha: Io dico sempre ai nuovi arrivati che è importante imparare la lingua e andare a scuola. Dovrebbe essere obbligatorio. Abbiamo la fortuna di avere da dormire e da mangiare, noi dobbiamo pensare al resto: studiare, lavorare, comportarci bene.
Oggi Youssupha e Omar sono riusciti a raggiungere la Spagna ma, prima, hanno voluto ribadire i loro ringraziamenti: «L’Italia è veramente brava, aiuta tante persone e non è mai stanca. Tutti danno il massimo. Persone come Andres, Anna Maria, Silvia, le ringrazio tantissimo. Grazie, avete cambiato la mia vita».
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Alto Adige del 14 marzo 2018.