Anche quest’anno i percorsi scolastici dell’Associazione Volontarius Onlus sono stati un successo. In questo articolo riportiamo il consuntivo di questi ultimi anni.
I percorsi scolastici
Dal 2010 l’Associazione Volontarius organizza percorsi di sensibilizzazione per scuole, giovani e adulti sui temi legati all’emarginazione sociale. Da allora stimiamo di aver incontrato 7.105 persone.
L’anno scolastico 2017-2018 è stato molto impegnato e ha coinvolto un totale di 1.599 persone, di cui 1.364 in età scolare. I percorsi proposti sono stati “Chiedimi se la strada è una scelta” sulla vita delle persone di strada e “L’Essenziale è invisibile agli occhi” sulle migrazioni delle persone richiedenti asilo e dei minori non accompagnati. Sono state sperimentate inoltre due novità: “C’è ancora chi tratta” in collaborazione con il Progetto Alba sui temi di tratta e sfruttamento e “– SPRE + ECO” sui possibili legami tra spreco e povertà.
L’anno scolastico 2017-2018 è stato molto impegnato e ha coinvolto un totale di 1.599 persone, di cui 1.364 in età scolare.
I percorsi si sono sviluppati su più incontri. I partecipanti sono stati invitati a mettere al centro del proprio “pensare” e del proprio “sentire” la persona come essere umano, abbandonando gli schemi e le categorie dentro i quali siamo soliti inserirle, siano queste “studenti”, “barboni”, “insegnanti”, “profughi”, “impiegati” oppure “prostitute”. L’approccio ha colto l’interesse della maggior parte dei partecipanti, che si sono sentiti così coinvolti personalmente dalla discussione: era di loro, non solo delle persone in condizioni di disagio, che si voleva parlare. «Le classi erano particolarmente entusiaste, l’attenzione e la partecipazione erano totali e le emozioni sollevate sono state considerevoli» ha affermato Giorgio Benacchio, insegnante della scuola professionale Lévinas.
I percorsi hanno valorizzato l’incontro diretto con persone di strada e richiedenti asilo. Mettere al centro le loro storie ha permesso di abbandonare i paradigmi di pensiero che siamo soliti usare per comprendere quello che la persona “altro da noi” vive. Per esempio il concetto di “tempo” per chi vive sulla strada è diverso da quello di chi ha una casa e un lavoro e comprenderlo significa mettersi al fianco della persona e ritmare il proprio passo sul suo. «È stata una buona occasione di crescita a livello umano, oltre che a livello di apprendimento» ha detto Francesca Tognon, insegnante del liceo Torricelli.
Il concetto di “tempo” per chi vive sulla strada è diverso da quello di chi ha una casa e un lavoro e comprenderlo significa mettersi al fianco della persona e ritmare il proprio passo sul suo.
Hanno partecipato come testimoni volontari tre persone di strada e dieci persone richiedenti asilo. «I ragazzi si sono davvero entusiasmati ai loro racconti» ha spiegato Terry Mussoni, che presso la stazione di Bolzano ha incontrato con alcuni gruppi scout Mamadou, «l’incontro ci ha aperto gli occhi sulla realtà».
Anche i testimoni hanno vissuto esperienze importanti. È il caso di Maurizio, uscito dalla strada proprio grazie alla forza ricevuta dall’incontro con alcuni ragazzi della scuola media Archimede e del liceo Toniolo; oppure quello di Aminur, giovane richiedente asilo dal Bangladesh che ha imparato negli anni a raccontarsi fino a trovare il coraggio di farlo sul palco durante il concerto di Capodanno 2017; Musa e Cisko, ragazzi richiedenti asilo da Gambia e Senegal, hanno ricevuto una donazione da alcune classi e hanno deciso di devolverla in beneficenza ai minori non accompagnati di Bolzano: «Non lo facciamo per i soldi» hanno detto. Un percorso utile anche perché ha permesso di conoscere nuove persone, come è successo al centro giovani Villa delle Rose dove, dopo gli incontri, i testimoni sono stati invitati frequentare le iniziative della struttura.
I partecipanti al percorso, a un certo punto, sono stati chiamati a rielaborare quanto vissuto. Alcuni di loro si sono immedesimati nelle persone testimoni, riassumendo la loro storia – scritta spesso in prima persona o sotto forma di diario. «Accoglienza vuol dire costruire dei ponti e non dei muri» ha scritto una classe del Carducci «Noi crediamo in un mondo fatto non di numeri e parole, ma di persone con una storia da raccontare». Altri si sono lasciati andare a disegni, racconti e poesie; un ragazzo della scuola media Carl Wolf ha scritto:
Niente è così grande
come la dignità dell’essere umano.
Non tutti possono essere fieri delle loro storie.
Ma dovremmo raccontare le storie
dovremmo ascoltare le storie
dovremmo conoscere le storie.
Percorsi, insomma, che hanno avuto l’ambizione di entrare nel vissuto di ogni partecipante.
Fuori dagli schemi, fuori dai cancelli
Durante l’anno scolastico 2017-2018 i percorsi scolastici hanno significato oltre 250 ore di aula, ma ci sarebbe da aggiungere un altro centinaio di ore trascorse fuori dai cancelli degli istituti. «Dove senti parlare di migrazioni e persone senza tetto?» abbiamo chiesto in classe. Tra le risposte più frequenti abbiamo riscontrato in casa, alla televisione, sui giornali. Ma poco a scuola.
«Dove senti parlare di migrazioni e persone senza tetto?» abbiamo chiesto in classe. Tra le risposte più frequenti abbiamo riscontrato in casa, alla televisione, sui giornali. Ma poco a scuola.
La scuola, sempre più ricca di “intercultura” (in alcune classi è notevole la presenza di italiani di seconda generazione) fa fatica a parlarne. «Siamo tutti uguali» è l’unica affermazione di cui sono capaci molti insegnanti ed è uno dei concetti che, durante gli incontri, abbiamo cercato invece di smantellare: «non siamo tutti uguali, siamo tutti esseri umani» è stato il nostro motto. Lo scopo dei percorsi è stato quello di rendere consapevoli della complessità del mondo che ci circonda e del bisogno che ognuno di noi ha, per confrontarcisi, di uscire dagli schemi, dai luoghi comuni e dal mondo della retorica per sporcarsi le mani con il terriccio della vita. Che ha odore, consistenza, che spesso è scomoda ma anche ricca di nuovi sapori.
Sono dodici i gruppi che, dopo la chiusura dei percorsi di sensibilizzazione, hanno deciso di intraprendere iniziative concrete. I licei Pascoli, Marcelline e Toniolo di Bolzano hanno raccolto coperte e hanno trascorso del tempo in compagnia di persone senza tetto e senza dimora; la scuola media Sepp von Seppenburg di Caldaro ha organizzato un pomeriggio con gli ospiti del centro accoglienza profughi Casa ex Mercanti di Appiano; i ragazzi della III E della scuola media Carl Wolf di Merano hanno preparato un concerto a sorpresa per il testimone Musa; il liceo Carducci di Bolzano ha esteso il percorso di sensibilizzazione coinvolgendo attraverso un questionario il resto della scuola.
«Siamo tutti uguali» è l’unica affermazione di cui sono capaci molti insegnanti ed è uno dei concetti che, durante gli incontri, abbiamo cercato invece di smantellare: «non siamo tutti uguali, siamo tutti esseri umani» è stato il nostro motto
Un’attività particolarmente riuscita è stata la coltivazione dell’orto del centro accoglienza Casa ex Comitato Edile di Laives, realizzato dagli ospiti della struttura in collaborazione con la scuola agraria di Laimburg e con quella di Laives. Nato da una merenda nel cortile della struttura, il percorso ha coinvolto più classi e si è sviluppato completamente fuori dalla scuola. «Fare insieme fuori da scuola» è diventato il motto anche nei licei Torricelli di Bolzano, Marie Curie di Merano, con i gruppi scout e i centri giovanili. Una trentina di ragazzi del liceo Walther von der Vogelweide di Bolzano e altrettante persone richiedenti asilo e minori non accompagnati sono stati ospiti del Servizio di Assistenza Umanitaria di Bolzano per un lavoro di gruppo in cui hanno risposto, insieme, a domande come «cosa sogno per il futuro?», «dove trascorro il tempo libero?», «cosa mi fa arrabbiare?». I silenzi, gli imbarazzi e le intese che si sono creati sono stati la base per un confronto sincero che ha valorizzato tra i ragazzi non la propria uguaglianza, ma la propria diversità.
In alcuni casi è stato il personale scolastico a richiedere i nostri interventi: la scuola media di Caldaro ci ha chiesto di presenziare durante le udienze generali, il consiglio scolastico di Egna e il liceo Savoy di Merano ci hanno chiamati per dialogare, prima che con i ragazzi, con i loro professori. Il bisogno era quello di rispondere alle domande: «Cosa significa “aiutare”? come lo possiamo fare? cosa significa “stare insieme”?». Perché aiutare gli altri non significa elargire consigli su cosa fare o prendere l’iniziativa, come spesso avviene. Significa mettersi al fianco della persona, ascoltarla e accompagnarla nella presa di coscienza di una scelta.
I silenzi, gli imbarazzi e le intese che si sono creati sono stati la base per un confronto sincero che ha valorizzato tra i ragazzi non la propria uguaglianza, ma la propria diversità.
L’Altro che può essere la persona senza tetto o richiedente asilo in stato di bisogno, sì, ma che deve essere prima di tutto il compagno di banco, il fratello o l’amico.