Ci troviamo in una piccola sala sotto agli uffici di orientamento di via Andreas Hofer, a Bolzano. Di sopra, sempre più giovani chiedono luce sul proprio futuro. Noi siamo seduti in cerchio, con quaderni aperti e telecamere accese, a parlare con Franca De Pasquale, coordinatrice del servizio di volontariato europeo (SVE). È una donna molto calorosa, riesce con semplicità a mettere a proprio agio i suoi interlocutori.
Lo SVE è un’associazione gratuita che permette a giovani tra i 18 e i 30 anni di affrontare periodi più o meno lunghi di volontariato all’estero, esperienze che possono toccare diversi ambiti. “Chi viene da noi spesso vuole prendersi del tempo prima di scegliere un’università e preferisce approfondire la conoscenza di se stesso e delle proprie competenze emozionali”. Nelle strutture di volontariato a essere molto apprezzata è l’iniziativa personale, il coraggio di lanciarsi e vivere nel diverso per conoscerlo e crescere.
Molti ragazzi scelgono tuttavia di partire per i paesi anglofoni per migliorare la propria lingua. Scelta che Franca reputa “sbagliata: la motivazione della lingua è riduttiva e non tiene conto della vera finalità del progetto”. Anzi, qualche aneddoto e scopriamo che i volontari più soddisfatti della loro esperienza sono quelli partiti per i paesi più insoliti (che comunque vivono una sensibile crescita): i paesi del Nord e del Nord-Est soprattutto, come Finlandia, Danimarca, Estonia, Lettonia, Lituania, dove l’organizzazione dei servizi è perfetta.
Il fattore organizzazione non è da sottovalutare in quanto è sempre imprevedibile. “Abbiamo avuto un caso di abbandono del progetto” spiega Franca “ma anche una ragazza che è diventata responsabile del centro in cui ha lavorato”. Ognuno ha la sua capacità di adattamento: normalmente la scelta di questo progetto prevede periodi di formazione prima della partenza e seminari di accoglienza per legare tutti i volontari in viaggio. L’importante è muoversi in fretta: la domanda va inviata entro il 17 marzo a diversi enti di accoglienza (host organisations) rintracciabili attraverso un Database reperibile in rete (la sending organisation in questione è lo SVE).
“I nostri volontari devono sapere di non essere mai soli” tiene a precisare la responsabile, forse leggendo qualche timore nei nostri sguardi. All’interno del progetto che si segue vi sono due figure di riferimento: uno interno e uno esterno. Infine c’è la stessa Franca: “In caso di emergenza, prendo il primo volo”.
A intraprendere questo genere di esperienze sono sempre più ragazzi, ma è ancora tangibile il timore legato al pregiudizio di perdere un anno di istruzione. “Nel curriculum le esperienze di volontariato all’estero sono ben valutate dai datori di lavoro dalle prospettive più lungimiranti” assicura Franca, e capiamo che la sua è una battaglia contro le convinzioni ereditate dagli ultimi decenni: che l’università sia l’unica via di formazione completa e dignitosa per l’uomo.