Abbiamo assistito, in questi ultimi tempi a Bolzano, grazie anche alla concomitante gara elettorale, a raccolte di gente e manifestazioni di pensiero che, con il massimo rispetto per le opinioni altrui, potremmo definire folcloristiche e fuori dal tempo. Perché folcloristiche? Perché urla e schiamazzi, risate ed insulti, spintoni e sfottò sono giochi appunto da festa campestre. Fuori dal tempo perché completamente privi di visione globale, totalmente ripiegati
rispetto ad una realtà che ci chiama ariconoscere quanto ci succede intorno allargando l’orizzonte di mente e cuore in una prospettiva universale.
Il movimento di masse, il flusso continuo di centinaia di migliaia di persone che fuggono per salvare la vita da guerre, dittature militari o religiose, è sempre più un fenomeno globale, non riguarda solo l’Italia con Lampedusa, non riguarda nemmeno solo l’Europa, che deve governare tante nuove presenze; gli ultimi avvenimenti delle barche respinte in mare aperto dall’Australia e i campi profughi, forse più propriamente campi di concentramento con tanto di fosse comuni per i cadaveri in Malesia, ci dovrebbero dare molto chiaramente la dimensione della situazione.
Non si tratta di un problema. Siamo di fronte ad un cambio epocale rispetto all’organizzazione sociale, e questa volta davvero per sempre. Dichiarazioni shock del tipo “affondiamo i barconi con tutti i profughi dentro” (social network) piuttosto che infantili e populiste tipo “aiutiamoli a casa loro”, ci danno la dimensione chiara di quanta strada ancora la nostra civiltà debba fare per essere realmente quello che dichiara e crede di essere. A Bolzano è successa e sta continuando a succedere una cosa bellissima. E non perché romanticamente ci lasciamo rapire da quel buonismo tanto vituperato e sfottuto dai pensatori di cui sopra, ma più realisticamente, perché è GIUSTO. Sì, semplicemente perché è giusto, centinaia di persone hanno deciso di prendersi cura di altre centinaia di persone. Cittadini di ogni formazione, cultura, appartenenza si sono presentati in stazione per incontrare coloro che transitano dalla nostra città, si fermano qualche ora e provano a riprendere il loro sogno migratorio. E in quelle poche ore, stare loro vicini, incontrare i loro sguardi, ridare dignità, attraverso quell’incontro, a chi l’ha persa e vista calpestata da tempo.
È importante quel panino, la mela con il kit per l’igiene personale, il gioco per il bambino ed il piumino per quando saranno al Brennero, ma ancor più importante è come questo materiale viene consegnato. Il sorriso, l’atteggiamento, il tono di voce sono linguaggi chiari ed universali. Sono la dimensione di quella civiltà alla quale crediamo di appartenere e per la quale crediamo di avere diritto a tutto ciò che abbiamo costruito. Senza dimenticare che appartenere a questa parte di mondo, quella giusta, non è un merito divino ma solo una fortuna per nascita; e coloro che vengono dalla parte di mondo sbagliata non hanno colpa, non hanno scelto di nascere là.
Magari, con un piccolo sforzo, si potrebbe anche realizzare che il concetto stesso di “parte di mondo giusto e sbagliato”, in sé, non può avere o continuare ad avere senso.