Rifiano ha un migliaio di abitanti, quasi tutti di madrelingua tedesca ed è circondato da aria fresca e montagne; da via Rössl, dove si trova Casa Valtnaun, il panorama è bellissimo. È sabato 11 febbraio e a Casa Valtnaun si tiene un pomeriggio pakistano organizzato da abitanti ed educatori della Casa.
«Sono venute oltre quaranta persone» ha affermato soddisfatta Annemarie, referente della Casa. «In questo periodo gli abitanti di Casa Valtnaun si stanno impegnando per conoscere culture e usanze locali: studiano le lingue, stringono amicizie e fanno i primi passi nel mercato del lavoro» spiega «Abbiamo pensato che anche per chi è nato e vissuto qui potesse essere interessante conoscere la cultura dei paesi da cui provengono le persone della Casa».
Così è nato questo pomeriggio dedicato al Pakistan, raccontato non come lo conosciamo dai giornali, ma come lo hanno voluto raccontare i dodici abitanti pakistani della casa. Muzammil, Shoaib e Jasim hanno fatto una breve presentazione del Pakistan, dopodiché ognuno di loro ha parlato della propria regione.
Sotto le note dell’inno del Pakistan (L’obiettivo è concreto: rendici contenti, intona), scopriamo di Quaid-e-Azam, il padre fondatore del Pakistan: “Se vogliamo fare questo grande Stato del Pakistan felice e prospero, dovremmo concentrarci interamente ed esclusivamente sul benessere delle persone, e in particolare delle masse e dei poveri” si legge nella slide a lui dedicata. Si parla anche della musica del Pakistan e ascoltiamo insieme Tera hone laga di Atif Aslam, il cantante più conosciuto del momento.
Le slide si concludono con una rassegna delle ricette principali del Pakistan. Nel frattempo infatti Ali, Asmat, Muzammil, Abubakar, Shoaib, Jasim, Khalid, Naseer e Asif si sono dati da fare in cucina, preparando una degustazione.
Quaid-e-Azam: “Se vogliamo fare questo grande Stato del Pakistan felice e prospero, dovremmo concentrarci interamente ed esclusivamente sul benessere delle persone, e in particolare delle masse e dei poveri”
Ha partecipato alla merenda anche un gruppo di ragazzi ospiti di Casa Rossa, centro di pronta accoglienza per minorenni non accompagnati. «Rifiano è un paese piccolo e lontano» mi racconta Delowar con un sorriso abbagliante «C’erano tante montagne e tante persone: nere, bianche, afghane, pakistane…». Delowar, Bashar, Ali, Rajinder e Ahsan hanno avuto così la possibilità di parlare con persone più grandi del loro paese e non solo.
Ali è del Pakistan e mi racconta delle religioni e dei problemi politici e di corruzione che dilagano nel paese. «Ho lasciato il Pakistan a 11 anni e sono andato in Austria muovendomi a piedi e in auto» mi spiega in perfetto tedesco. «Ci ho impiegato un anno. Ora mi trovo a Bolzano e sto imparando un po’ l’italiano». Bashar, un ragazzo egiziano che ha imparato rapidamente la lingua, siede a tavola con alcune persone e parla liberamente. «C’era pace, erano tutti tranquilli» mi racconta in seguito.
Lo si sente nell’aria, nelle parole di chi racconta e negli sguardi di chi ascolta: non sono solo “accoglienza”, “solidarietà” o “integrazione” quelle che si respirano, concetti importanti ma sfruttati, superati e tristemente “alla moda”. Qui si è insieme e basta. Ora che scrivo, mi vengono in mente le parole di Delowar che, con quel suo bel sorriso, mi ha raccontato della Libia, dove ha lavorato come imbianchino e del suo viaggio per l’Italia. Quando mi accenna della nostalgia per la famiglia e per il Bangladesh e del desiderio di imparare la lingua e trovare un lavoro, lo fa con un sorriso pieno di speranza e fiducia.
Lo si sente nell’aria, nelle parole di chi racconta e negli sguardi di chi ascolta: non sono solo “accoglienza”, “solidarietà” o “integrazione” quelle che si respirano, concetti importanti ma sfruttati, superati e tristemente “alla moda”. Qui si è insieme e basta.
Ecco, quel sorriso si respirava a Rifiano.