Sono Fabrizio, ho 27 anni e vengo dal Lazio. Mio padre mi ha sempre detto di non parlare delle cose mie ed è strano, ora, parlare di me. I primi ricordi che ho sono legati a lui. Faceva il carabiniere (la chiamava “vera vita di strada”) ed è stato un padre severo, finché ha rotto con tutta la famiglia. Lo penso ogni giorno: era il mio punto di riferimento.
Avevo 17 anni quando ha rovinato i rapporti prima con mio zio, poi con mia madre e infine con me, che mi sono trovato coinvolto in scontri familiari che mi hanno costretto addirittura a presentarmi in tribunale. Mia madre la sento ogni tanto; le mie sorelle mai: mi parleranno solo se dimostro di essere cambiato.
Mio padre lo penso ogni giorno. Era il mio punto di riferimento.
Ho fatto un errore nella vita: trovare nelle persone sbagliate il riferimento che avevo perso con mio padre. Non si sceglie di stare sulla strada, ci si finisce; io ero solo e a quel punto è partita la mia ribellione contro il mondo e contro me stesso. Era l’inverno 2015 e avevo cominciato a frequentare delle persone che mi stavano portando in un mondo che oggi a pensarci mi tremano le mani. Non ho mai fatto male a nessuno, né fatto uso di sostanze, però vivevo con gente pericolosa. Ma sono andato avanti senza scoraggiarmi.
Ho lavorato un po’ a Firenze, poi sono stato in Francia e ho toccato il fondo. Ero disperato, ne pago ancora le conseguenze. Anche stavolta non ho fatto del male a nessuno, ma sono stato per tre giorni in prigione. Potete pensare quel che volete, ma per me fare quel che facevo era l’unica soluzione. Dopo la prigione, volevo chiudere con quella vita.
Non si sceglie di stare sulla strada, ci si finisce; io ero solo e mi sono ribellato contro il mondo e contro me stesso.
Un giorno mi chiamò un vecchio amico dalla Campania. Aveva bisogno di me e anche io forse di lui. Ho chiuso quella parentesi della mia vita e ci siamo trovati a Roma per andare a cercare lavoro al nord. Ho pensato che cambiando città avrei potuto ricominciare. Siamo stati in diversi posti senza trovare niente, poi a Verona siamo stati truffati da un italiano di Foggia. Con l’idea di andare in Germania alla fine siamo finiti a Bolzano.
Era il 2 febbraio 2017, faceva freddo ed eravamo senza soldi, così siamo rimasti per tre mesi ospiti a Casa Conte Forni in via Renon. I primi tempi ho fatto molta fatica ed ero malinconico, ma respingevo l’idea di tornare a casa per tenere lontano il passato. Nei mesi successivi ho dormito da diverse persone e alcune volte anche in strada. Alla fine mi sono separato dal mio amico campano, che ora beve e so che ha bisogno di me, ma anche io sono in difficoltà e devo badare a me stesso. Al momento dormo da un amico, lavoro come lavapiatti e solo ogni tanto mi ritrovo a dormire fuori.
Il mio sogno è trovare un posto da chiamare Casa, quattro mura guadagnate con un percorso di vita. La mia paura è di crollare di nuovo. La vita di strada è pericolosa e ti cambia, anche se ti insegna molto. Oggi quando sto male penso a chi sta peggio, ho imparato a essere il punto di riferimento di me stesso e apprezzo le piccole cose: una chiacchierata o qualcuno che ti incoraggia.
Il mio sogno è trovare un posto da chiamare Casa, quattro mura guadagnate con un percorso di vita.
Se tornassi indietro però cambierei tutto. Non voglio diventare come quelli che vivono sulla strada da tempo e si bevono la vita pensando se ammazzarsi o meno. Voglio costruire il mio percorso di vita. E lo sto facendo, anche se in silenzio. Non mi piace lamentarmi di quanto sto male. Preferisco nasconderlo.
Tutto sommato credo che anche mio padre farebbe così.
ndr: la storia è stata pubblicata sul giornale Zebra di ottobre; nomi di persone e luoghi sono fittizi per tutelare la privacy della persona