In occasione del convegno “Freiwillige für Integrationsarbeit”, il 28 ottobre presso il Castello di Coldrano a Laces, in Val Venosta è intervenuto il nostro responsabile per l’area Volontariato Daniel Brusco. Incentrato sulla situazione in Val Venosta, il convegno è stata un’opportunità per parlare dei valori del volontariato, che solamente in Volontarius coinvolge oltre 300 persone.
Con l’arrivo di persone richiedenti protezione internazionale sul territorio altoatesino, portatrici di energie, importanti risorse (interiori, sociali, professionali), ma di pochi strumenti e occasioni per metterle in pratica, è cambiata la tipologia di supporto necessario. Se per esempio sulla strada occorrevano interventi di assistenza, ascolto e più o meno frequentemente di accompagnamento, oggi nelle strutture adibite all’accoglienza di persone senza tetto e persone richiedenti asilo servono volontari attivi come punti di riferimento. Un impegno che comporta un coinvolgimento più forte e che ha per questo bisogno del giusto affiancamento. «Più che fare, oggi, serve esserci» ha espresso con chiarezza Daniel.
A diventare volontari in Associazione sono sempre più persone con una storia migratoria alle spalle, 45 persone al momento. Nelle scuole di Bolzano infatti sono molti i ragazzi di seconda generazione che sono stati intercettati attraverso gli interventi di sensibilizzazione svolti ogni anno. Anche ospiti o ex ospiti delle strutture di accoglienza si danno molto da fare: solo all’interno del magazzino viveri Volontarius, racconta Michele Lonardi, che gestisce il magazzino viveri e collabora con l’ufficio volontariato, più di 80 persone ospiti dei centri di accoglienza di Bolzano hanno dato una mano. Alla Giornata Nazionale della Colletta Alimentare del 2017, su 84 volontari, 38 erano persone ospiti e richiedenti asilo.
«Più che fare, oggi serve esserci» ha espresso con chiarezza Daniel Brusco.
Durante il convegno Daniel ha lanciato anche una provocazione, affermando che sarebbe meglio non ci fosse bisogno di volontari. Se le realtà del territorio e la comunità in quanto rete di cittadini si prendessero cura di ogni singolo individuo, l’inclusione sociale sarebbe automatica e non dovrebbe essere forzata da una presenza “volontaria”. Serve quindi stimolare, in tutta la comunità, la ricerca di una nuova sensibilità e il concetto di “prendersi cura”. In Alto Adige abbiamo ricevuto riscontri positivi con alcune realtà sportive, in particolare a Merano, ma la strada da fare è ancora tanta.
«Dobbiamo passare dal cercare i volontari al coinvolgere il territorio» ha concluso Daniel. Questo anche perché, con l’aumento dell’età pensionabile in Italia, le associazioni rischiano di vedere una forte riduzione di persone che prestano servizio volontario. Serve quindi insistere sulla comunità in senso totale e, in particolare, sui giovani.