«Nel 2000 erano 35 i minori che vivevano in strada e provenivano principalmente da Albania, Marocco, Tunisia» spiega Simone Bracalente, responsabile per l’Area Minori dell’Associazione Volontarius, che a Bolzano è l’unica realtà a occuparsi delle prime accoglienze. «Era stato aperto il centro “Saetta”, che ospitava un centinaio di persone in diversi momenti della loro vita».
Dall’accoglienza di questi 35 minori Volontarius, insieme alla Provincia e ai Servizi Sociali, contribuì allo sviluppo di un piano per l’accoglienza, che oggi è stato riportato ai tavoli per aggiornarlo ai tempi nostri. Infatti era il 2001 e l’obiettivo era ridurre i tempi dell’accoglienza e creare reti di strutture di comunità socio-pedagogiche. Così è nato il primo Centro di Pronta Accoglienza altoatesino, Casa Rossa, passaggio precedente alla costituzione di case di seconda accoglienza per l’inclusione nel territorio dei ragazzi minori.
Nel 2000 erano 35 i minori in strada e sono stati ospitati al centro “Saetta”. Oggi si ridiscute il piano per l’accoglienza.
«Allora Bolzano era meta dove il ragazzo iniziava a costruire, più o meno consapevolmente, il proprio percorso migratorio» spiega Simone «Oggi il fenomeno è cambiato». Oggi sulla strada risulta aumentato il numero di giovani ragazzi in transito. Secondo il Global Trends 2016 dell’Unhcr i ragazzi minori non accompagnati sono la metà dei rifugiati nel mondo. Dal 2012, anno dello scoppio dei movimenti della Primavera Araba, è inoltre cresciuto il numero di ragazzi provenienti da Africa e Asia. «A Casa Rossa abbiamo visto affiancarsi due fenomeni: quello di chi si fermava e quello di chi invece voleva allontanarsi e rifiutare l’accoglienza per spostarsi in un altro paese».
Secondo il Global Trends 2016 dell’Unhcr i ragazzi minori non accompagnati sono la metà dei rifugiati nel mondo.
Oggi sono tre i centri di pronta accoglienza per minorenni di Bolzano e ospitano 43 ragazzi. Sono inoltre sparse per la Provincia alcune case di seconda accoglienza.
«Fino a qualche anno fa avevamo una grossa disponibilità e successo nell’inserimento lavorativo grazie a stage e tirocini» spiega Simone «La parte scolastica invece è sempre stata la più problematica. Le scuole sono reticenti ad accogliere minori in classe, sembra essere una caratteristica del nostro territorio». Bisognerebbe insistere su scuole di altro tipo: professionalizzanti, alfabetizzanti e implementando il sostegno psicologico.
Il tema più importante è la formazione, perché i ragazzi hanno spesso pochi strumenti. Non solamente quelli tecnici quali la lingua, ma una consapevolezza della differenza, per esempio, tra un lavoro vero e lo sfruttamento, o la consapevolezza che il percorso di inclusione non si conclude con l’ottenimento del permesso di soggiorno. «Bisogna evitare che i ragazzi si abituino all’idea di ricevere aiuto dalla rete del welfare» afferma Simone «Bisogna insistere sulle loro risorse, in modo che i ragazzi e le figure preposte co-costruiscano il proprio singolo percorso».
Le scuole sono reticenti ad accogliere minori in classe, sembra essere una caratteristica del nostro territorio.
Il cambiamento del fenomeno ha portato anche allo sviluppo di nuove tipologie di intervento. «I ragazzi hanno alle spalle esperienze particolarmente dolorose e traumatiche» spiegano gli operatori dei tre centri minori di Volontarius: «Molti di loro durante il viaggio sono stati detenuti, sfruttati, qualcuno anche picchiato».
Di cosa ha bisogno un ragazzo che arriva qui a Bolzano da solo, lo spiega Simone con molta chiarezza: «I ragazzi hanno bisogno di normalità e bellezza. Nient’altro» ma aggiunge «È facile da dire, difficile da concretizzare». Normalità che è scoprire un mondo nuovo rispetto a quello di provenienza, che è scoprire che, al di là delle proprie vicissitudini, è possibile scoprire qualcosa di diverso e che ancora può iniziare a far parte della propria esistenza. «Lo stupore che leggi negli sguardi di alcuni ragazzi quando scoprono qualcosa di nuovo è indescrivibile» mi spiega un volontario. A volte sembra quasi che i ragazzi, a Bolzano, abbiano l’opportunità di poter rivivere la propria infanzia, rivivere, in tempo ristretto, tutto ciò che nei loro paesi d’origine, per diversi motivi, è stato ostacolato.
Bracalente «I ragazzi hanno bisogno di normalità e bellezza»
«Poi è importante stimolare i sogni e le passioni dei ragazzi, in modo che vivano una propria missione». Missione che per ogni ragazzo è determinante all’interno del suo sogno migratorio: molti di loro vogliono costruirsi nuove vite, oppure trovare un lavoro e mandare soldi alla propria famiglia nel paese d’origine.
«Come operatore tante volte dici “ho fatto un bel lavoro”, poi magari quando i ragazzi escono e crescono si confrontano con un sistema che li fa scontrare con delusioni pesanti. Se non hanno una loro missione a volte rischiano di perdersi». Missione della quale le prime responsabili, insieme ai ragazzi stessi, sono proprio le persone che vivono insieme a loro. Per questo, spiega Elena Lattanzi, operatrice di Casa Rossa, si sta attivando un volontariato che si prenda cura di ogni singola persona diventandone il punto di riferimento. «A Casa Rossa vanno a scuola nove ragazzi su dodici» spiega «ma sono fondamentali le attività extrascolastiche, dai compiti alle relazioni e allo svago». Un gruppo di volontari frequenta i ragazzi prendendosene cura in un rapporto uno a uno. Tra le attività, per esempio anche quella di imparare insieme a giocare a scacchi. «Con i volontari ci incontriamo ogni mese per valutare insieme il percorso» spiega Elena.
A volte sembra quasi che i ragazzi, a Bolzano, abbiano l’opportunità di poter rivivere la propria infanzia, rivivere, in tempo ristretto, tutto ciò che nei loro paesi d’origine, per diversi motivi, è stato ostacolato
I ragazzi sono molto attivi anche nel volontariato. Alcuni di loro frequentano il corso teatrale “Wish you were here” tenuto da Nicola Benussi, altri preparano i panini che vengono distribuiti al camper dell’unità di strada per le persone che vivono sulla strada e altri ancora distribuiscono i pasti alle famiglie ospiti del centro accoglienza Casa ex Alpi.
Quella che emerge da chi lavora nel settore è la necessità di allargare l’accoglienza di secondo livello, ovvero quella fase successiva alla prima accoglienza che aiuti il ragazzo a sviluppare una propria autonomia. «Posti non ci sono e il primo livello appare bloccato» spiega Simone «nel primo livello i ragazzi dovrebbero rimanere sei mesi ma rimangono di più».
Lattanzi: «A Casa Rossa vanno a scuola nove ragazzi su dodici, ma sono fondamentali le attività extrascolastiche, dai compiti alle relazioni e allo svago»
Sono diversi, inoltre, i minori non accolti. Il transito di minori avviene attraverso i treni e i pullman, ma è importante anche il fenomeno dei minori che tornano in Italia dopo non aver ottenuto il permesso di soggiorno in altri paesi. «Il ricongiungimento e la relocation esistono ma vanno snelliti e velocizzati» afferma Simone «I ragazzi spesso non accettano l’idea di aspettare mesi e tentano di scappare».
Posti non ci sono e il primo livello appare bloccato; nel primo livello i ragazzi dovrebbero rimanere sei mesi ma rimangono di più.
E se dovessero arrivare femmine minori non accompagnate? Il territorio di Bolzano, che secondo il Sole 24 Ore è quello dalla migliore qualità di vita in Italia, è pronto ad accoglierle? «Bisogna sempre lottare per i diritti dei minori, ma andando di pari passo con una presa di consapevolezza dei loro doveri» conclude Simone «il ragazzo va informato e vanno stimolati i servizi che devono garantirgli accoglienza e custodia». La presenza in strada di minori è un grosso rischio infatti, anche se ad aiutare sono molti volontari: «Bisogna insistere sulla loro formazione. Questo fenomeno durerà decenni, è impensabile lavorare sull’emergenza».