Quella gestita da Volontarius in piazza Verdi a Bolzano non è solo una mensa, è un luogo nel quale creare relazioni e costruire ponti contro l’emarginazione sociale.
La struttura aperta circa un anno fa da Volontarius presso l’ex Agip di piazza Verdi a Bolzano viene comunemente considerata una semplice mensa nella quale vengono distribuiti a pranzo e cena dei pasti caldi a profughi e senza fissa dimora. Per la precisione in Piazza Verdi (con apertura della ore 10 alle 14) vengono serviti nell’arco della settimana 7 pranzi e (in collaborazione con la S. Vincenzo) sette cene (dalle 19,30 alle 20,30).
Nella narrazione che si è affermata in questi mesi viene vista come un luogo nel quale sono stati spostati il disagio ed il degrado che in precedenza caratterizzavano il parco della stazione del capoluogo. Nelle intenzioni del Comune si tratta di un luogo più dignitoso dotato di riscaldamento, sedie e tavoli dove consumare dei pasti.
“In realtà – sottolinea Davide Monti responsabile dell’Area “Persone di strada” dell’Associazione Volontarius la “mensa” di piazza Verdi è molto, molto più di un semplice luogo per la distribuzione dei pasti. Da sempre il progetto ‘Oltre la strada’, di cui fa parte la struttura, non è considerato solo un luogo di assistenza per la distribuzione di minestra, biancheria e vestiti. “In sostanza – afferma Monti – la distribuzione di cibo non è una richiesta espressa da chi vive sulla strada. Si tratta di un luogo dove, attraverso la convivialità, vogliamo far nascere una relazione, nel quale raccogliamo le domande di accoglienza per accedere all’emergenza freddo. È un luogo nel quale i nostri operatori costruiscono veri e propri ponti per colmare la distanza tra chi non è ancora in grado di utilizzare i servizi offerti dal sistema ed i servizi stessi che non hanno il mandato per cercare le loro utenze sulla strada. La nostra struttura è qualche cosa che si colloca tra il 112 ed il triage”.
La struttura aperta circa un anno fa da Volontarius presso l’ex Agip di piazza Verdi a Bolzano viene comunemente considerata una semplice mensa nella quale vengono distribuiti a pranzo e cena dei pasti caldi a profughi e senza fissa dimora.
Il progetto “Oltre la strada” riceve ogni anno migliaia di telefonate dalle forze dell’ordine, dai servizi sociali, dagli assessori, come dai semplici cittadini e dagli ospedali, che chiedono assistenza più o meno diretta magari per fornire aiuto ad una persona vulnerabile che ha bisogno di cibo, di coperte di orientamento. Tra le telefonate vi sono anche quelle dell’Ospedale che chiede aiuto per le dimissioni protette per collocare persone che vengono dimesse ma non hanno un alloggio. I servizi sociali chiedono aiuto per sapere quali possibilità vi sono per il collocamento di una famiglia ed analoghe richieste di aiuto giungono da altre associazioni come la Croce Rossa, la Caritas, le cooperative o La Strada. Analoghe richieste giungono anche da parte di cittadini che ci segnalano situazioni di disagio di persone che magari dormono all’aperto e ci chiedono cosa fare.
“Oltre la strada – prosegue – da sempre si colloca al crocevia dei flussi dell’emarginazione grave di strada, laddove non è necessario l’intervento delle forze dell’ordine, per intraprendere un percorso a favore di queste persone poste ai margini della nostra società e metterle in contatto con le associazioni che operano a vari livelli ma che non scendono con i loro operatori sino alle panchine poste lungo le strade”.
Monti: La nostra struttura è qualche cosa che si colloca tra il 112 ed il triage.
“Purtroppo – afferma Davide – vi sono sempre più persone che stanno sempre peggio e ci sono meno possibilità di fornire loro un concreto aiuto per recuperarle. Nel passato ci occupavamo, nei limiti delle nostre possibilità, anche di accompagnamento al lavoro e di trovare loro un alloggio. Oggi ci confrontiamo con situazioni psicosociali complesse e molto compromesse causate dall’abuso di alcol e caratterizzate da un disagio psichico non curato. Persone che hanno un background molto pesante, di violenze, guerre, soprusi, torture che non si trovano all’interno del sistema di accoglienza, non vi sono entrati o ne sono stati espulsi per reati gravi”.
“Oltre la strada – prosegue – da sempre si colloca al crocevia dei flussi dell’emarginazione grave di strada, laddove non è necessario l’intervento delle forze dell’ordine, per intraprendere un percorso a favore di queste persone poste ai margini della nostra società e metterle in contatto con le associazioni che operano a vari livelli ma che non scendono con i loro operatori sino alle panchine poste lungo le strade”.
A questi casi si aggiungono ora anche quelli di coloro che vedono riconosciuto il loro status di richiedente asilo e che dopo al massimo sei mesi devono lasciare il centro di accoglienza e trovare un lavoro ed un alloggio. Ma come? Vi sono inoltre i casi di uomini che dopo il divorzio si trovano in mezzo ad una strada, magari vivono in una macchina e perdono il lavoro. Su queste tematiche sono stati sviluppati dei “micropercorsi”, ad esempio per le persone immigrate il progetto cerca di definire le loro competenze e nel contempo di lavorare con loro sul tema del rispetto delle regole. Le persone che si trovano al di fuori del sistema hanno sempre più difficoltà a trovare un varco per inserirsi nella società.