Lunedì 21 novembre 2016, verso le 20, un giovane ragazzo eritreo, nel tentativo di salire su un treno merci in transito alla stazione di Bolzano, è stato travolto ed è rimasto ucciso.
È successo a Bolzano, nella zona della stazione vicina alla funivia del Renon. Proprio qui, dopo aver superato migliaia di chilometri, dopo essere sopravvissuto a un lunghissimo viaggio, dopo essere sfuggito alla dittatura del suo paese, dopo aver superato la distanza che lo separava dal mare, dopo aver affrontato il mare insieme ad altre centinaia di persone e dopo aver viaggiato per tutta l’Italia, dopo tutto questo è morto. Proprio qui a Bolzano, in Italia, in Europa, cercando di raggiungere non sappiamo quale paese, per raggiungere forse qualche componente della propria famiglia e alla ricerca di un futuro migliore. Viste le condizioni di chi vive in Eritrea potremmo dire “alla ricerca di un futuro normale”.
È una storia lacerante che lascia dietro di sé le voci senza nome di tutti coloro che scappano e che per realizzare il loro sogno migratorio arrivano a mettere a rischio anche la propria vita. È una verità che si insinua nelle nostre coscienze e che ci mette faccia a faccia con noi stessi, che ci domanda chi siamo, cosa ci facciamo qui mentre fuori le persone muoiono per realizzare un sogno per noi banale: per sopravvivere.
Ci riguarda tutti come persone prima che come cittadini. Perché viviamo in un continente nel quale la comunità, la politica e la cultura nel vero senso che queste parole hanno, dovrebbero essere consapevoli e mature, dovrebbero costruire veri ponti, non muri.
Perché quando una persona ha un sogno vero (e vero significa che coinvolge anima, corpo e sangue) e quando questo sogno è motivato dalla paura di morire, il suo desiderio di fuggire non si può fermare. Non possono fermarlo la politica, la polizia, gli operatori umanitari, i cittadini. Nessuno, perché è un sogno. Il sogno è l’unico motore che ci spinge a muoverci, a cambiare e crescere. Lo sappiamo bene noi, che di sogni ne abbiamo anche troppi.
Ma questo ancora non lo abbiamo imparato, anche se noi stessi l’abbiamo vissuto sulla nostra pelle nella nostra storia. Non lo abbiamo imparato e infatti decideremo che questa storia non ci riguarda e per questo la lasceremo passare insieme alle altre notizie della giornata, come se niente fosse. E nasconderemo il nome e il cognome del giovane ragazzo morto nel tentativo di salvarsi la vita, dietro un falso e ipocrita “profugo”, categoria nella quale lo richiuderemo. Dimenticando una cosa fondamentale: che è un giovane essere umano.
22 Novembre 2016 a 15:41
il dolore e il rammarico per il ragazzo Eritreo morto in stazione di Bolzano, caro amico volevi solo continuare il tuo viaggio, volevi arrivare alla meta da te prefissata ma il tuo viaggio e finito all’improvviso non perche lo volevi tu ma perche in modo normale non ti era consentito continuare il tuo viaggio e ripeto ” non ti era consentito da parte di burocrati da parte di confini ove confini non dovrebbero piu esserci ” il mio cuore e triste e il mio cuore piange perche troppe volte in questi anni ho visto donne e uomini e bambini cercare la loro felicità e la loro vita migliore, ma come sempre purtroppo le persone vogliono ancora confini senza rendersi conto che “scappare da guerre, violenze, disumanità tortura e fame ” potrebbe succederci a tutti quindi speriamo che la gente ci pensi due volte prima di fare muri o confini chiusi con soldati e fucili
Lieber Freund aus Eritrea; mein Herz ist Traurig und ich bin Erschüttert über deinen Tragischen Tod, es war aber kein Freiwilliger Tod sondern ein Tod den Burokraten, Grenzen, und Politiker zu Verantworten haben denn es wåhre nie soweit gekommen wenn man ein wenig mehrt Humanitåt håtte, viele Menschn so wie auch Du mein Eritreischer Freund seit geflohen aus Eurer Heimat um ein wenig Glück, Zufriedenheit und Ruhe zu suchen, Ihr seit Geflohen aus Kriege, Folter, Hunger, und Diskriminerung aller Art, und es war Dir nicht Erlaubt dein Ziel zu erreichen, den Grenzen, Zåune und Menschen haben dich aufgehalten. Dein Tod schmerzt mich sehr denn in all diesen Jahren sah ich viele Mütter, Kinder, Månner fliehen um ein wenig Glück zu finden und leider fanden viele nur Zåune und Menschen mit Gewehren an den Grenzen um Euch zurück zuweisen, Heute ist ein Tag den Wir zum Nachdenken nehmen sollten um uns zu Fragen wo in dieser Welt die Humanitåt geblieben ist .