In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, istituita nel 2001 per ricordare la nascita della Convenzione di Ginevra, è uscito l’annuale rapporto Global Trends dell’Unhcr, principale ricerca sui flussi migratori del mondo. Sono 65,5 milioni le persone che, in questo momento, hanno lasciato o stanno lasciando il proprio territorio a causa di violenze, persecuzioni, guerre, dittature e miseria.
Queste 65,5 milioni di persone sono persone con status di rifugiato (22,5 milioni, di cui più dell’80% si trova in Paesi a basso o medio reddito o poco sviluppati), persone sfollate all’interno del proprio Paese (40,3 milioni) e in minor parte persone richiedenti asilo (2,8 milioni). La metà sono giovani e bambini. In ogni caso: Persone.
Un numero così alto di persone invita a riflettere sul nostro sistema di accoglienza, che ancora oggi è ancorato al lavoro sull’emergenza e al nostro modello di comunità che ancora oggi esclude e, invece di costruire ponti, alza muri. Una riflessione che tuttavia, per questioni di competenza e rispetto, non deve sottovalutare l’importanza di tutto ciò che fino a oggi si è fatto: l’accoglienza è certamente uno dei temi più delicati e complessi di qualsiasi territorio provinciale, regionale e nazionale. Dalla Seconda guerra mondiale e dalla Globalizzazione, la fuga delle persone ha determinato il più grande cambiamento di livello mondiale mai avvenuto.
Un cambiamento epocale come lo spostamento di milioni di persone, sebbene in Europa e in Italia tutto sommato ne arrivi una piccola parte, seppur non indifferente, richiede una comunità unita e solidale (cosa intendiamo al link) e, come ha detto l’Alto Commissario delle Nazioni Unite Filippo Grandi, che viva “determinazione e coraggio, non paura”. Tale comunità non comincia dall’alto, ma parte dal basso e a Bolzano ne sono una concreta dimostrazione i gruppi di cittadini, associazioni ed entità che ogni giorno si mettono in gioco per un mondo migliore in cui le persone che ne hanno diritto possano vivere un’accoglienza dignitosa.
65 milioni di persone portano con sé una storia. Lo ha ricordato la casa di produzione cinematografica Netflix in un video all’interno del quale persone da Nepal, Eritrea, Somalia, Siria e Sri Lanka raccontano la propria vita. Tra di loro Bashar, che viene dalla Siria e che racconta di aver camminato per ore con le figlie sulle spalle dopo aver lasciato la propria città, dove la moglie aveva perso la vita a causa della guerra.
Storie come quella di Bashar, ma come quelle di tantissime persone che vivono accanto a noi a Bolzano, ci ricordano che abbiamo bisogno di ascoltare le persone raccontarsi. Ascoltare ci aiuta a comprendere e a sentire quello che provano persone che spesso riteniamo “diverse”, per innocente pregiudizio o abitudine, e ci aiuta a farlo nella maniera più spontanea e umana possibile, sorvolando la retorica del pregiudizio dei benpensanti. Spesso sottovalutiamo però il coraggio che hanno le persone a raccontarsi, perché tutti noi sappiamo quanto parlare di episodi spiacevoli della propria vita non sia facile e quanto a volte preferiamo non farlo. Anzi, spesso vorremmo solo quella presenza umana al nostro fianco necessaria per andare oltre il passato e, a piccoli passi, ricominciare.
Invitiamo per questo la Comunità e noi stessi ad aprire gli occhi sul mondo nel quale viviamo, il che implica il coraggio di abbattere gli schemi e la ricerca di una consapevolezza.
Partiamo, per esempio, da una semplice domanda: «cosa significa per me “Accoglienza”?»